“Tutto è stato detto e nessuna felicità”. Sono quasi convinto che lo abbia detto Macedonio Fernandez ma non trovo riscontro sul web, dovrei spulciare tra volumi impolverati non so dove, desisto. La frase mi rimanda a “Notturno di Gibilterra” di Gennaro Serio, opera prima che parrebbe appartenere invece all’ultima di uno scrittore consumato. La frase si presta alla mia interpretazione del movente dell’assassinio che si svela nel libro, in una storia dove il lettore vieni conteso tra le due anime dello scrittore/narratore: un detective alla ricerca di una ragione valida che giustifichi il delitto, un assassino che ha ucciso per una ragione valida quanto incondivisibile (non socializzabile). Serio si siede di peso alla mensa degli scrittori di letteratura.

VideoChiacchiera con Gennaro Serio

E comunque le processioni del venerdì santo mi mancano, per quel senso di comunità che manifestano. Manca l’autorità laica del sindaco che si subordina alla madonna e al sepolcro, mancano i cori e le donne separate dagli uomini. Mancano le chiese aperte fino a tarda sera che sono una specie di notte bianca di monumenti altrimenti chiusi dopo il tramonto. È la notte dove si scoprono le comunità nazionali che adottano chiese decretandole proprie e ridisegnando una mutevole geopoetica cittadina. Mancano. Semplicimente.

È un periodo che devo abusare di geopoetica. Va così.