intervista raccolta intorno il 20 aprile 2020 per un lavoro collettivo di Kosmopolis. foto di Francesco Delia.
Sono molte le reti di mutualismo autogestite che si sono formate in questo periodo. Io seguo quella dello Sgarrupato e il D.A.M.M. che per lo più interviene nelle aree di Montesanto e Quartieri Spagnoli e segue qualcosa come 350 famiglie a settimane. È composta in parte da attivisti politici e poi veramente c’è tanta società civile, dal cantante lirico al meccanico al tassista che non sta lavorando. Poi c’è l’Ex Opg che sta seguendo i quartieri di Materdei e Sanità. La brigata Vincenzo Leone che segue la zona della Ferrovia e Case Nuove ed è di supporto alla comunità senegalese. L’Area Flegrea Solidale opera a Bagnoli e La Ban segue i campi Rom a Scampia. Altri come il Gruppo di Responsabilità Popolare prepara pasti per i senza fissa dimore. Questo spaccato di società è la parte più bella di questa storia di merda che stiamo vivendo. Ma questa narrazione non può essere un alibi per chi non si prende le proprie responsabilità soprattutto sul piano istituzionale.
A metà aprile Napoli è stata la prima città a vedere un presidio dinanzi la Prefettura in pieno lockdown.
Molti temevano una reazione aggressiva da parte delle forze dell’ordine ma ho registrato un grande imbarazzo dei responsabili dell’ordine pubblico alla prefettura, del resto noi lo abbiamo detto chiaramente che se avessimo avuto la volontà di interrompere l’ordine pubblico bastava comunicare alle quasi millecinquecento famiglie che supportiamo che non avremmo retto più con la consegna della spesa sociale e che si sarebbero dovuti rivolgere alla Prefettura. Siamo andati a lanciare un allarme: c’è urgenza sull’intervento sul reddito non può essere una tantum di un mese. Si vive in una sistematica schizofrenia, da una parte si parla di una crisi epocale che durerà negli anni dall’altra si pensano solo a misure estemporanee che sembrano solo voler garantire il controllo sociale in questa fase. Quindi abbiamo esposto il problema del reddito. L’estensione del reddito di cittadinanza è la forma più praticabile nell’immediato e poi c’è la necessità di un intervento sugli affitti che non è il bonus che a suo modo garantisce la rendita della spesa pubblica. In Italia storicamente la rendita dei proprietari di immobili cresce da quando è stata abbandonata ogni politica sulle case popolari e da quando si è sacrificato l’equo canone. Il bonus affitto raggiunge una platea piccolissima, il fondo regionale per quanto raddoppiato da De Luca copre si e no le domande arrivate alla regione ai primi di marzo e in generale non risolve il problema. Stiamo precipitando in una economia molto più povera e c’è bisogno di un provvedimento che rimetta in discussione la 431/98 e rintroduca forme di regolamentazione degli affitti anche nel mercato privato. Altrimenti si ha un effetto devastante, alla pandemia sanitaria verrà poi la pandemia di sfratti. Abbiamo notizie di una cinquantina di casi riguardanti persone che sono riusciti ad ottemperare il pagamento di marzo ma non riusciranno ad aprile. La stima che faceva il fatto Quotidiano di 200mila morosi in Italia credo sia una sottostima, marzo è stato il mese del compromesso con i padroni di casa , il mese del: ci vediamo ad aprile; ora va capito la struttura del mercato privato delle case in locazione. Si parla spesso del povero padrone di casa, ma in realtà secondo l’Istat la casa in affitto di piccoli proprietari appartiene solo al 30% patrimonio immobiliare privato, e solo per l’8% rappresenta una entrata costitutiva per la costruzione del reddito. Quindi spesso si tratta di multiproprietà o di grande proprietà immobiliare, il piccolo proprietario tende ad adattarsi alle esigenze dell’inquilino per non perdere la rendita e quindi conviene a una soluzione comune mentre la grande proprietà mira a non fare abbassare l’offerta. Se il mercato crolla il loro atteggiamento sarà quello di mantenere le case vuote. Assistiamo a reazioni scomposte come quella dell’Arciconfraternita dei Pellegrini, proprietari di qualcosa come settecento appartamento tra Quartieri Spagnoli e Materdei, immobili affidati per il rinnovo degli affitti a società immobiliari quindi pretendono sette, ottocento euro al mese a casa che prima erano date ad equo canone.
l’affitto o la spesa
Una delle nostre attiviste è ad esempio sotto sfratto dai Pellegrini, hanno perso il lavoro nero entrambi e non so percettori dei bonus spesa perché ha un reddito di cittadinanza di 40 euro che aveva conservato in quanto credeva che gli avrebbe dato accesso tramite i centri dell’impiego a una proposta di lavoro regolare. Ci sono criteri discutibili emessi dagli enti locali, chi ha una pensione sociale di 400 euro non ha diritto ad alcun bonus e se prima aveva un parente a nero che contribuiva adesso fa letteralmente la fame perché deve scegliere se pagare l’affitto del basso nel quale vive o il pasto. C’è una platea di clandestini sociali i quali le istituzioni a parole dicono di farsi carico, le domande sono respinte a oltre mille persone che non sono residenti non perché vivono altrove ma perché sono baraccati e hanno perso la casa e sono vittima della legge Lupi. Si ignora chi vive a nero nelle case private, un fenomeno qui a Napoli assolutamente diffuso. Poi c’è chi ha affitti da settecento euro al mese perché ha dei figli e con un lavoro perso diventa dalla sera alla mattina una famiglia monoreddito ed entra nel bivio tra la casa e il piatto a tavola. Così come chi è in cassa integrazione e prende il 70% del reddito e non si vede dalla Arciconfraternita dei Pellegrini l’abbassamento corrispettivo del fitto di casa. Viviamo in un momento dove le statistiche sulla povertà non riescono a fornire un quadro reale dell’effettivo dramma patito.